Controllo la valigia per l'ultima volta. Oltre "vestiti e co", controllo che vi sia l'essenziale: Netbook, i-pod, libri, block notes, penne e macchina fotografica. Credo ci sia tutto.
Carico il fagotto di roba sul portapacchi e lo zanio con "l'essenziale" in spalla e finalmente salgo a bordo della mia Road King.
Il mio viaggio in moto, parte appena fuori dall'aereoporto di Tokyo dove ho noleggiato la mia compagna di viaggio. Certo, qui in Giappone, scegliere quella moto può sembrare un affronto o un controsenso, ma è un tentativo, mio se volete, di sentirmi ancor di più "cittadina del mondo". Una europea a bordo di un'americana in Giappone.. E' una sorta di abbraccio per me stessa.
Non ho una meta ben precisa, lascio che sia la moto a guidare. Il mio istinto, di tanto in tanto, premerà sul freno, per fermare qualche immagine, che sia a parole o attraverso un "click", quello dipende solo dalla poesia del soggetto. Dalla sua "natura".
Mi fermo qua e là, per dipingere attraverso uno scatto, espressioni particolari di visi sconosciuti, ma cordiali, e sfumature di colori che si perdono nel cielo, sin ora sconosciute.. Poi, ad un tratto, la sosta si prolunga più del previsto.
I giardini di Kyoto. Sono affascinata.
Scelgo un angolino, isolato dal resto del mondo. Ed è lì che trovo la porta per il mio. Prendo il blocco note. Istantaneamente, fluidi di pensieri sembrano fluire leggeri attraverso la mia mano, riversandosi su quei fogli ancora vergini.
Cambio prospettiva.
Scatto da ogni angolatura. Cerco di cogliere ogni particolare di quell'incanto. Di trascrivere, attraverso gli scatti, tutta la poesia che emana quel posto ed ogni singolo elemento..
Decido di rimettermi in sella, la sensazione di liberà e totalità è immensa. Mi sento parte integrante "del tutto", come se ogni molecola del mio corpo, avesse il suo posto nel mondo, compreso il suo posto qui.
Persa tra questi pensieri arrivo a Gion. Zona per certi versi surrealistica, quasi persa nel tempo.. Ci sono ancora ochaya, okiya.. e geishe dal caratteristico volto bianco che indossano splendidi kimono, vere opere d'arte.
Sembra tutto così surrealistico, eppure, dall'occhiata curiosa e profonda che mi lancia una giovane maiko "leggo" che anche per lei è così. Devo sembrarle un personaggio uscito da qualche film di fantascienza.
Guardando quelle donne, sembra di essere quasi fuori posto nel mondo.. la loro camminata sembra quasi il fluttuare leggero di una voglia trasportata dalla brezza marina, i loro movimenti così aggrazziati da ricordare la delicatezza del volo di una farfalla.. non per nulla il termine geisha significa persona d'arte. Ora comprendo pienamente il perchè.
Cerco di restare a discreto contatto con loro, quasi a voler catturare qualche segreto celato in gesti aggraziati. Nulla sembra esser fuori posto o casuale, dalla postura, allo sguardo.. Tutto è perfettamente calcolato per "l'intrattenimento" dell'ospite. Grazia, eleganza. Nessuna traccia di volgarità.
Mondo antico.
Come un manoscritto ingiallito dal tempo.
Di colpo mi accorgo di essere soltanto tra le mura della mia stanza, sognando un posto in cui sono stata soltanto "attraverso" i libri.. tutto, mentre Tom Waits & Nick Cave continuano a cullare i miei pensieri intonando una splendida versione di What a wonderful world.
Devo dare la colpa al libro (memorie di una geisha ovviamente), al film I diari della motocicletta, a quel "tocco giapponese" che ha colorato la mia stanza ultimamente e ovviamente a me stessa..